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Pochi mesi fa, il volto di Seif Bensouibat, educatore presso il Liceo Chateaubriand di Roma da 10 anni, finiva su tutti i giornali dopo che, incensurato veniva recluso presso il Centro di Permanenza per il Rimpatrio di Ponte Galeria. La sua colpa? Alcuni post rabbiosi condivisi, da un profilo instagram chiuso al pubblico, a seguito della ripetuta visione di video che descrivevano la condizione straziante della popolazione palestinese, assediata da mesi dall’esercito israeliano.
Ma la sua detenzione, poi annullata dal giudice di pace, non era che il culmine di un’escalation che aveva portato il cittadino algerino a perdere, nel giro di pochi mesi, prima il lavoro e poi lo status di rifugiato politico, ottenuto nel 2013. Ma come è stato possibile tutto ciò? Basta davvero così poco per passare da cittadino integrato e attivo nella comunità a pericolo pubblico? In italia alcune opinioni o comportamenti sono considerati più pericolosi se espressi da una persona straniera? E soprattutto, cosa succederà ora a Seif?
Nello speciale di oggi Marica Fantauzzi e Lorenzo Boffa ricostruiscono questa complessa vicenda, cercando di comprenderne le implicazioni legali e sociali, oltre alle prospettive future. Lo fanno assieme ad Arturo Salerni, legale di Seif e avvocato esperto in diritti umani e d’asilo, e Valentina Calderone, garante romana dei diritti delle persone private della libertà personale.
Sveja continuerà a seguire il caso di Seif Bensouibat con attenzione. Per approfondire la storia e le contraddizioni dei CPR potete ascoltare anche Sbarre, la serie di Sveja curata da Alessandro Capriccioli e Valentina Brinis
Sveja è un progetto sostenuto da Periferiacapitale, il programma per Roma della Fondazione Charlemagne.
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In copertina: Seif Bensouibat finalmente fuori dal CPR di Ponte Galeria
Musiche di Mohsen Subhi
Affaire Bensouibat